La fine e l’inizio

La fine e l’inizio

(di Giancarlo Polenghi)

Nell’imminenza della Settimana Santa, mentre, alle nostre latitudini, assistiamo con gioia alla rinascita primaverile, la segnalazione di un testo dedicato al mistero pasquale sembra inevitabile. Tra i tanti possibili ho scelto quello di Alexander Schmemann e Olivier Clément (Il Mistero Pasquale, Lipa 2003). Un testo breve di due teologi famosi scomparsi da non troppi anni: il primo estone, cresciuto in Francia e che ha vissuto negli Stati Uniti, il secondo è il più celebre teologo ortodosso francofono.

La struttura del volume segue da vicino le celebrazioni, dal sabato di Lazzaro (il giorno precedente alla Domenica delle Palme), alla veglia pasquale del sabato notte. Il commento è sobrio e profondo e ha la funzione di collegare dolcemente la bellezza e ricchezza delle letture, dei gesti, delle preghiere. Il consiglio è di immergersi nella grandezza della liturgia delle liturgie e di farsi accompagnare momento per momento in un tempo di contemplazione eterno.

Da un altro volume (che fa parte della serie “I semi teologici di Francesco”) dedicato alla vulnerabilità, trascrivo un testo che Mario Luzzi ha scritto per la via crucis al Colosseo dell’anno 1999. Le parole che il poeta immagine sono quelle di Cristo in dialogo con il Padre.

“Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile ed esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, e perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio
che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
sono stato troppo uomo tra gli uomini
oppure troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio
o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti
nella sede eterna.”

Alexander Schmemann e Olivier Clément

Il Mistero Pasquale

Lipa, 2003