Articoli

Affetto e pensiero un’unità da ricomporre

Mani in relazione … per imparare a volare

di Giancarlo Polenghi

Due anni fa ho cominciato a scrivere, con ritmo quindicinale, recensioni di libri per il sito dell’Accademia dei Ponti. Con il passare del tempo le recensioni sono diventate uno strumento, quasi una scusa, per mettere in rilievo un’idea, una scoperta relativa a quel periodo.

Forse qualcuno si prenderà la briga di leggere il libro consigliato, dicevo tra me e me, ma anche se così non fosse, no problem, perché la lettura della “recensione” dovrebbe comunque, mi auguro, trasmettere qualcosa di utile o interessante.

Tra l’altro molti dei libri segnalati fanno riferimento ad argomenti che ciclicamente sono riproposti, quasi in una ricerca concentrica che si prolunga nel tempo.

I temi, a partire dalla mia prospettiva, sono stati:

  • capire i tempi di frammentazione e individualismo che il mondo e la Chiesa stanno vivendo oggi;
  • il super tema della relazione (e della comunione), in chiave spirituale, sociologica o psicologica, che è poi un modo concreto per rispondere alla crisi odierna;
  • la lezione dell’Oriente cristiano, che pure, in chiave personalista e mistica, aiuta a reagire.

Con questa premessa, passo ora al libro, alquanto inusuale, che propongo oggi. Si tratta di un libro di fotografie (130 pagine 95 fotografie) che certamente ha a che fare con i primi due temi di cui sopra, e probabilmente anche con il terzo.

L’autore è Giovanni Padroni, (La bellezza della prossimità, Pacini editore 2019) che racconta per immagini la relazione tra gli ospiti di alcune delle otto case di cura della Fondazione Casa Cardinale Maffi (che nel gergo della Fondazione sono chiamati Fratelli Preziosi), e di chi si prende cura di loro. Le foto colgono la relazione, un rapporto che alimenta la vita e dà senso ad essa, pure in situazione di estrema fragilità, come è quella nella quale si trovano i Fratelli Preziosi. Il volume è stato presentato all’interno di un meeting dal titolo “Ti insegnerò a volare” (che è poi una canzone di Roberto Vecchioni), pure in linea con i concetti della relazione per la cura, e in cui si afferma che imparare a volare e insegnare a volare, sono la stessa cosa.

In un video di 4 minuti, con interviste realizzate a margine del meeting, si può mettere a fuoco il tema, attraverso le parole di Giovanni Benotto, Laura Brizzi, Virginio Colmegna e Stefano Perfetti (video).

Un altro video, pieno di gioia e dinamismo, dice la stessa cosa grazie all’interpretazione musicale e alle immagini filmate degli operatori e dei Fratelli Preziosi della Fondazione (video).

Giovanni Padroni

La bellezza della prossimità

Pacini editore, 2019

La cura dell’anima, ovvero non confondere mezzi e fini

(di Giancarlo Polenghi)

 

Ventisette pagine che si leggono in meno di un’ora. Sono la trascrizione rivisitata di una conferenza presso l’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa (Bologna) di Pierangelo Sequeri, famoso teologo, già preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e oggi direttore dell’Istituto sulla famiglia Giovanni Paolo II.

Il ragionamento parte dalla constatazione che “l’anima è diventata fragile, perché siamo smarriti nei confronti di qualcosa che fino a ieri andava da sé, viveva con noi nei percorsi … della relazione umana e ciascuno la coltivava nei modi che gli sembravano più opportuni”.

Il malessere dell’anima, secondo l’autore, diventa più intenso per chi è giovane (specialmente gli adolescenti) e per gli anziani, categorie deboli perché entrambe viste dal pensiero contemporaneo in maniera riduttiva rispetto alla loro natura. Agli adolescenti non si insegna più a crescere come persone, ma li si addestra ad espletare compiti, all’efficienza, e la senilità è inchiodata alla sopravvivenza, senza una consapevolezza e apertura sul congedo e la morte. I due luoghi un tempo della felicità, infanzia e vecchiaia, si sono trasformati in spazi malsani e scomodi. Ciò è avvenuto perché il fine dell’esistenza è sempre più l’autorealizzazione individuale e individualistica (i bambini e gli anziani, d’altronde, hanno massimamente bisogno degli altri).

L’errore, secondo Sequeri, è una duplice inversione tra mezzi e fini. La libertà come fine è distruttiva dell’umanità, perché ci condanna all’isolamento (mancanza di legami e relazioni, incapacità a decidere), mentre è essenziale poterla vivere come mezzo per qualcosaltro di bello e grande. In modo speculare, la pro-affezione (ossia ciò di cui l’anima vive come le relazioni, le soddisfazioni) deve riconquistare il ruolo di fine e non quello di mezzo. Il lavoro, per esempio, è una pro-affezione se vissuta come fine ossia se si persegue il piacere di fare qualcosa bene per sé stessa e per il bene che fa agli altri, e non come un semplice mezzo per ottenere del denaro o del prestigio. E le relazioni vere non devono essere strumentali, perché altrimenti si opacizzano. In altri termini ci sono ambiti di cui “godere gratuitamente e di cui essere fieri ed entusiasti al di là del puro vantaggio utilitaristico” e questi sono i fini che non tradiscono e danno la felicità. Per altro, si potrebbe aggiungere, citando uno studio di Joseph Piper (Otium e culto, Cantagalli), che anche il lavoro, che in definitiva è più un mezzo che un fine, dovrebbe essere orientato all’otium del latini, ossia alla contemplazione, all’apprendimento e alla conoscenza, all’arte e allo svago, alla gratuità molto più che alla produzione e all’efficienza monetizzabile.

Pierangelo Sequeri

La cura dell’anima

Asmepa Edizioni 2012

Documento CEC – “maschio e femmina li creò”

Documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica (CEC), «per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione» – 1o giugno 2019

Rivoluzione sessuale: la faticosa ricerca di un nuovo “modello” relazionale

Riprendiamo dalla rivista Anthropotes 2018/XXXIV/1-2 un articolo del sociologo Pierpaolo Donati. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

I paradossi dell’amore

Di Giancarlo Polenghi

Giulio Maspero è un teologo che ha dedicato i suoi studi alla Santissima Trinità, seguendo in particolare il pensiero di Gregorio di Nissa. Assieme ad altri studiosi ha dato vita ad un centro di ricerca sull’ontologia relazionale, ossia sullo studio della relazione come fenomeno all’origine della vita in Dio, negli uomini e nella società. In questi studi collabora, tra gli altri, con illustri sociologi (Pierpaolo Donati) e noti teologi (Pietro Coda e Pierangelo Sequeri).  È anche un fisico che prima di diventare sacerdote ha fatto ricerca e forse per questo, mettendo in atto una sorta di metodologia sperimentale, si sforza di “verificare sul campo” se le teorie teologiche in cui crede siano compatibili con la vita reale. Ecco perché alcuni anni fa ha cominciato a dedicarsi alla formazione di coppie di fidanzati e di giovani sposi, alla ricerca di forme comunicative efficaci e di “conferme sperimentali”. Così è nato il libro “I cinque paradossi dell’amore”, un percorso breve e molto denso in cui si presenta il matrimonio cristiano con le sue alte sfide nel segno della misericordia. Non è facile scrivere qualcosa di nuovo su questo tema, antico come il mondo, ma Maspero con la sua sintesi ed immediatezza ci riesce. La tesi è che per imparare ad amare bisogna comprendere e vivere qualcosa che è contro intuitivo, appunto un paradosso. Il primo dei cinque sostiene che l’amore vero è l’amore verso i nemici, perché, prima o poi, il coniuge si trasformerà nel nemico più potente, quello che ti fa male da dentro. Il secondo paradosso è che per sposarsi bisogna essere disponibili a rimanere celibi, in quanto il matrimonio “regge” se è per sempre, e questo sempre lo troviamo in Cristo e nella Trinità. Il terzo paradosso parla di saper essere prima di tutto “figli del Padre” e quindi “fratello e sorella” per poter diventare poi padri e madri. Il quarto paradosso afferma il dono di sé ossia che la sessualità nel matrimonio è essenziale ma non necessaria. L’ultimo paradosso, una sorta di super-paradosso che contiene anche gli altri, sostiene che per affermare la propria identità bisogna dare spazio all’alterità, o se si preferisce, che per vivere bisogna morire.

Il libro si presta anche come traccia per discussioni o attività partecipate che consentano di riflettere insieme e, in questo modo, di sapersi stupire nel cogliere la relazione tra la vita intima di Dio, la vita Trinitaria, e l’amore umano di cui essa è immagine. Non mancano citazioni bibliche e patristiche, e riferimenti alla famiglia come similitudine della relazione tra Cristo e la Chiesa. Un testo agile per chi ama andare rapidamente al cuore dei problemi.

Giulio Maspero, I cinque paradossi dell’amore.

Breve preparazione teologica al matrimonio attraverso la misericordia.

Edizioni Ares. Milano, 2018. 144 pagine

Rimettere insieme i pezzi

(di Giancarlo Polenghi)

Il primo romanzo di Riccardo Bigi (L’altra metà della Medaglia, ed. LEF) è una boccata d’aria. Ambientato nella Firenze di oggi, quasi come in un “giallo”, fa incursione nel passato della città, mettendo a fuoco una storia minore ma certamente dotata della grandezza dell’umanità e della carità cristiana. La protagonista, Giovanna, è una giovane studentessa universitaria di scienze sociali, una ragazza come tante, sensibile e indifesa, che per soffrire meno si rende sempre più cinica e distaccata. Il suo incontro prima con Alessandro, coetaneo, ex scout e volontario della Misericordia,  e dopo con Clelia, un’anziana frequentatrice della mensa dei poveri della Caritas in piazza Santissima Annunziata, è l’inizio di una grande avventura del quotidiano. La storia, raccontata in prima persona con l’alternanza della voce dei tre personaggi principali, tocca tanti temi di attualità: le nuove povertà e la solitudine degli anziani, il lavoro che per i giovani non c’è, la fragilità e la frammentazione, il disincanto. Chi ama e conosce Firenze si trova a casa tra le pagine del libro, come sospese tra la contemporanea fiumana di turisti e il fascino antico di istituzioni come lo Spedale degli Innocenti o la Misericordia. Il passato e il presente si incontrano e si parlano nell’oggi. Gli ingredienti del romanzo fanno sì che una sua catalogazione sia impossibile. C’è il lato sentimentale, quello della “ricerca storica”, relativa appunto all’altra metà della medaglia, la ricostruzione di luoghi e modi di essere di oggi e di ieri, le questioni più profonde sui significati del vivere, del bene e del male, della felicità. Il libro si legge con facilità, d’un fiato ed a tratti commuove. Una volta finito, lascia nel lettore una piacevole sensazione di apertura. Questa è, a mio avviso, la principale qualità del romanzo e il motivo per cui vale la pena di leggerlo.

Riccardo Bigi. L’altra metà della Medaglia.

Libreria editrice Fiorentina. 224 pagine. 12 euro.