Omelia del Card. Giuseppe Betori per la festa di San Josemaria. Firenze, 22 Giugno 2018

 
Riportiamo qui di seguito l’omelia pronunciata dal Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze in data 22 giugno 2018 in occasione della Messa celebrata per i membri della Prelatura dell’Opus Dei a Firenze nella Memoria di San Josemaría Escrivá.
 
OMELIA
[Rm 8,14-17; Sal 2; Lc 5,1-11]
 
La folla che circonda Gesù sulle rive del lago di Genesareth ha sete di Dio: «La folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio» (Lc 5,1). Sono persone comuni, come lo sono i pescatori intenti al loro lavoro di ogni giorno. Gesù li raggiunge sul luogo ordinario della loro vita e parla aprendo il suo cuore. «Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”» (Lc 5,3-4).
Pietro, dopo una comprensibile umana incertezza, segue fedelmente l’indicazione ricevuta da Gesù. E avviene quella meravigliosa pesca miracolosa che richiede il lavoro di tanti.
 
Allora Pietro, confuso, manifesta la propria indegnità: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8); e Cristo, infine, gli indica ciò che veramente vuole da lui, dalla sua vita: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10). Per noi, come per Pietro e ai suoi compagni, risuona il mandato di Gesù di farci annunciatori di lui agli uomini del nostro tempo. Ci è chiesta la medesima risposta generosa dei primi discepoli, che, «tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11).
Questa medesima pronta obbedienza oggi celebriamo nella testimonianza che ci lascia san Josemaría e, sulle sue orme, quanti lo hanno seguito diffondendo la presenza e l’azione dell’Opus Dei in tutto il mondo. Ringraziamo Dio per i doni che ha elargito alla Chiesa e al mondo per l’apostolato dell’Opera.
San Josemaría ha ricevuto dalla Provvidenza di Dio un compito grande: quello di diffondere e ricordare a tutti, sacerdoti e laici, la chiamata universale alla santità.
 
La santità a cui tutti sono chiamati è la vita divina in noi, quella per cui, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15)
Dio chiama ogni persona alla santità e questo comporta che tutte le circostanze della vita – il lavoro professionale come le relazioni familiari e sociali – possono e devono essere realtà santificate e santificanti.
La santità non è riservata a pochi, consiste nel diventare amici di Dio, nel lasciare agire Dio nella propria vita, in piena obbedienza a lui.
Cosa comporti questa obbedienza, lo rivela ancora Paolo, è la piene conformazione al mistero della morte e risurrezione di Cristo: «E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,17).
 
Questa proposta di vita cristiana come cammino di santità trova la sua casa ecclesiale nella Prelatura dell’Opus Dei, formata da fedeli laici, donne e uomini, sposati e celibi, insieme ai sacerdoti che ne costituiscono il presbiterio. Allo stesso tempo ogni laico appartiene, come tutti, alla diocesi in cui ha il domicilio. Vi ringrazio per come nella vostra vita ordinaria e nelle attività apostolica dell’Opera arricchite l’esperienza di fede della nostra Chiesa fiorentina e la sua testimonianza nella società.
Ci troviamo in una società in crisi di valori, lo smarrimento è grande e questo sta colpendo soprattutto i giovani, sempre più privi di punti riferimento. Segnali di degrado morale non mancano nella società, esiti dolorosi di comportamenti illegali e violenti, come pure segni trasgressivi che offendono la nostra identità, gesti che nella presunzione di includere in realtà invece confondono gli elementi costitutivi della persona e della società, espressioni egoistiche di chiusura all’accoglienza dell’altro, smarrimento delle funzioni e delle finalità nel processo formativo. E potremmo continuare.
 
A questa confuso orizzonte personale e sociale, dobbiamo saper opporre una forte immagine di umanità piena: solo nella fedeltà alla verità dell’uomo, che il Vangelo svela, l’uomo può ritrovare se stesso. Questa testimonianza il mondo attende dai cristiani, ed è la testimonianza che nasce da un cammino di santità.
San Josemaría affermava: «Dio ci aspetta ogni giorno. Sappiatelo bene: c’è un qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire». Questo implicava il rifiuto di pensare la fede separata dalla vita: «Vi è una sola vita, fatta di carne e di spirito, ed è questa che dev’essere – nell’anima e nel corpo – santa e piena di Dio: questo Dio invisibile lo troviamo nelle cose più visibili e materiali. Non vi è altra strada, figli miei: o sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai» (Omelia “Amare il mondo appassionatamente”).
La santificazione nelle condizioni di vita ordinaria è oggi un’esigenza particolarmente urgente. Tutti siamo chiamati all’apostolato.
 
Questo significa “essere Chiesa”, sacerdoti e laici insieme per estendere il regno di Dio. San Josemaría sognava e gioiva nel vedere cristiani comuni accendersi e diffondere in tutti gli ambienti la luce della fede, pienamente consapevoli della loro vocazione alla santità e all’apostolato. Facciamo nostra la sua invocazione: «Omnes cum Petro ad Jesum per Mariam!».
 
Giuseppe card. Betori
Arcivescovo di Firenze