Ciao Ginolo!
In questa pagina vogliamo raccogliere parole ed immagini, seppure inevitabilmente incomplete, per descrivere il rapporto che in questi anni l’ing. Ginolo Ginori Conti (per noi tutti semplicemente …Ginolo) ha mantenuto con l’Accademia dei Ponti e tutti i suoi amici….. ricordandolo sempre con grande affetto e riconoscenza!
Ginolo Ginori Conti (Firenze, 18 febbraio 1932 – Prato, 10 dicembre 2018) apparteneva per nascita ad una nobile famiglia fiorentina ma ai titoli nobiliari ha sempre preferito il titolo di ingegnere, conseguito studiando all’Università di Bologna. Negli anni della sua attività professionale è stato Presidente di numerose aziende e associazioni, tra le quali Colorificio Romer, Decoritalia, Mediocredito Toscano, Confindustria Firenze e Confindustria Toscana, Fimedit Fiduciaria, Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico.
È stato Consigliere di Amministrazione di Banca Mercantile, di Fondiaria Assicurazioni per 40 anni, di Ente Cassa di Risparmio di Firenze e Barone Ricasoli S.p.A. Amava la sua città e in ossequio di ciò ha ricoperto anche la carica di Presidente della Società di San Giovanni Battista e dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza (oggi Museo Galilei) dal luglio 1981 al 4 giugno 2012.
Cattolico credente e praticante, amico di don Corso Guicciardini e della Madonnina del Grappa, da anni abitava in un piccolo appartamento condominiale a Sesto Fiorentino ed era un abituale frequentatore della sua parrocchia di Colonnata. Era solito manifestare la sua adesione ai principi della fede cristiana con semplicità e riservatezza, dedicandosi con deciso impegno nella realizzazione di tante iniziative soprattutto per la crescita umana e culturale dei giovani; tra di esse in particolare la Fondazione ARTES, di cui è stato il primo presidente e la Scuola di Arte Sacra di Firenze.
Come non sottolineare, infine, il ruolo decisivo che ha avuto nella nascita e nello sviluppo della nostra Associazione. Infatti l’apertura della nostra sede in via Trieste nel 2001 fu possibile solo grazie al contributo determinante che egli devolse ricavandolo dalla vendita della sua proprietà di famiglia nel Chianti; e questo per offrire un luogo di formazione delle future generazioni secondo lo spirito dell’Opus Dei a cui anche lui apparteneva.
Chiunque voglia lasciare un ricordo personale su Ginolo potrà farlo aggiungendo un proprio commento a questa pagina del nostro sito oppure nel post dedicato nella nostra pagina Facebook a cui è possibile collegarsi cliccando sull’immagine qui sotto.
Conobbi Ginolo a casa di Bettino Ricasoli nella primavera del 1985. Da quel momento in poi ebbi l’occasione di incontrarlo spesso e di apprezzarne lo stile diretto ed essenziale, tutto sostanza. Era una persona buona, molto generosa e sobria. Non amava dare giudizi e si riteneva un semplice ingegnere poco incline alla filosofia. In realtà conosceva molto bene l’animo umano ed era dotato di pazienza. Prendeva le persone per come sono e in occasione di pareri diversi si limitava spesso a guardare gli interlocutori aspettando che si decidessero a trovare una visione comune. Sapeva molto bene come funzionano le società e le associazioni al punto che poteva dettare un verbale di assemblea all’impronta. Non attirava mai l’attenzione su di sè malgrado la sua vita professionale abbia registrato un numero impressionante di cariche ricoperte con grande competenza.
Ho imparato, nei sentieri spesso tortuosi e ardui dalla vita, che le Persone davvero grandi sono capaci di esprimere la loro grandezza in modo semplice e ordinario, spesso pudicamente. Da sempre conoscevo e apprezzavo Ginolo nella sua prestigiosa carriera scientifica, culturale e professionale ma quando lo conobbi da vicino nel segno della “Pax” rimasi colpito dalla sua straordinaria dolcezza, amabilità, semplicità, mai gridata ma espresse con un raro sommesso candore. Non è’ facile incontrare una grande Persona, così “ricca”, disposta a mostrare e condividere con Amicizia l’unità di vita in ogni manifestazione di pensiero e azione. E Ginolo sapeva essere davvero Maestro: senza ostentare Cultura, riconoscimenti, Titoli nobiliari, traguardi raggiunti. E, sempre lontano da ogni forzatura, ci insegnava, e continua a insegnarci, il valore di Valori autentici ed eterni: straordinariamente Buoni, Belli Veri!
Sono stato a contatto con Gìnolo per tredici anni, quelli passati a Firenze, dal 1994 al 2007. Coincidono con la realizzazione della nuova Accademia dei Ponti e una certa crescita dell’Opus Dei in Toscana.
Gli sono debitore, unitamente a Bettino Ricasoli, di una profonda esperienza di umanità e di una realistica conoscenza dell’ambiente fiorentino. In quegli anni, infatti, ero direttore del centro dell’Opus Dei e quanto sapevo di Firenze si limitava all’ambito culturale turistico.
La collaborazione fu continua. Ricordo i lunghi dialoghi durante i diversi viaggi da cooperatori e amici per chiedere contributi alla realizzazione della nuova casa che, vista da allora, sembrava un’impresa notevolmente superiore alle nostre forze. Ci sostenevamo a vicenda. Io gli parlavo di tante iniziative dell’Opera, impossibili all’inizio, ma divenute possibili per la fede operativa di San Josemaría e dei primi dell’Opera. E lui metteva tutta la sua capacità relazionale per spiegare il lavoro formativo che si sarebbe svolto nell’Accademia.
Le persone contattate le conosceva sin da giovane. Sapeva spendere il nome della sua famiglia che, come i Ricasoli, aveva un millennio di storia fiorentina alle spalle. Lo faceva con un’autorità cordiale che convinceva. Posso dire con coscienza sicura che l’esempio di Gìnolo, come pure di altri fra i primi toscani, contribuì a sciogliere ogni possibile riserva sull’Opera ad avvicinare gente di ogni età e condizione, con fiducia.
Gli raccontavo – i viaggi assieme continuarono per lavorare con fornitori, imprenditori e artigiani dopo l’avvio della costruzione, nel 2000 – dell’importanza che San Josemaría e i suoi successori, il Beato Alvaro del Portillo e don Javier Echevarría, attribuivano a Firenze per il radicamento dell’Opera in Italia. In un incontro nel 1989, don Alvaro ricordò quel che della Toscana diceva Nostro Padre: In Italia si verificherà un’esplosione apostolica quando vi sarà nell’Opera un buon gruppo di fiorentini. Disponete della famosa linguaccia toscana, che vi fa parlare molto bene e dire le cose con chiarezza. Vi è bisogno di gente così, spigliata. Inoltre nostro Padre lodava la tradizione culturale di questa terra e soprattutto la capacità di amare tutti. Toscana era Santa Caterina da Siena, una donna che servì Dio e la Chiesa opere et veritate, e che con la sua linguaccia gli rubò il cuore.
In un altro incontro, nel maggio 1994, don Javier tornava sul tema, dopo aver sentito un racconto di Pablo Guillén (che in quegli anni ci dava una mano per il lavoro formativo): Di’ a quelli di Firenze che mi ricordo di loro e nutro un desiderio enorme che vengano all’Opera molti fiorentini, di quelli che parlano con la “c” aspirata. Si ricordino di nostro Padre, delle sue scappate a Firenze, della sua preghiera per quel lavoro apostolico che un giorno i suoi figli vi avrebbero portato. Devono quindi sapere che la preistoria del lavoro ce l’hanno già pronta: l’ha fatta l’orazione e la mortificazione di nostro Padre, che pregò tantissimo per l’Opus Dei in quelle terre. Se non fanno fruttificare questa preghiera vuol dire che sono degli sciocchi.
Gìnolo chiedeva spesso spiegazioni sulla vita del Fondatore; e anche di don Alvaro anche se, diversamente da Bettino, non riuscì a conoscerlo. Incontrò invece don Javier nel 1995 quando portò da lui i componenti del Gruppo Promotore dell’Artes, per ricevere una benedizione un incoraggiamento.
Non l’ho mai visto scoraggiato, nemmeno quando anch’io non vedevo uno sbocco per certe difficoltà. Mi diceva in questi casi: Tu pensa alla casa, che ai soldi ci penso io. E in effetti non furono pochi i casi in cui ci mise la faccia, garantendo la sicurezza formativa del lavoro che si sarebbe svolto in Accademia. Talvolta si fece carico di vere e proprie seccature, risolvendole con fortezza, giustizia e pazienza. E nella realizzazione dell’Accademia ve ne furono davvero tante: giuridiche, economiche, tecniche.
Quando doveva spiegare, anche davanti a una numerosa platea (basti ricordare il Salone dei Cinquecento affollato per le inaugurazioni degli anni accademici) le ragioni per cui si era lanciato in quella impresa, diceva che la società così com’è non mi piace e bisogna far qualcosa per cambiarla. E’ singolare che, nonostante tanta visibilità inevitabile, rifuggisse qualsiasi forma di protagonismo, sembrando persino timido.
Sapeva coltivare vere amicizie, in silenzio e con efficacia. Senza alcun doppio fine. Penso che sia un esempio di come si possa fare un lavoro sociale senza ricorrere a consensi poco chiari. L’ho visto personalmente dal modo in cui gestiva i donativi all’Artes. Spesso ho pensato che non deve essere stata una casualità la sua elezione per tre volte al vertice dell’Associazione degli industriali fiorentini, a Valfonda.
Potrei raccontare molte cose, ma bastano queste poche righe, per mostrare quanto può fare un uomo di fede, di pace, che mette tutte le sue qualità al servizio di un ideale positivo
Ho incontrato Ginolo e la sua fama da quando ho iniziato a frequentare l’Accademia dei Ponti nei primi anni 2000, ma l’ho conosciuto con più profondità e intimità negli ultimi 5 anni, in concomitanza all’avvicendamento nella presidenza di ARTES.
Ho subito provato per lui un affetto speciale, anche perché mi ricordava mio padre, soprattutto nella sua naturale capacità di coniugare scienza e fede in una perfetta unità di vita.
Non ricordo un minuto passato con lui che sia stato banale: ogni racconto, ogni consiglio e ogni parola lasciavano un segno e trasmettevano un insegnamento. Nel frequentare con lui eventi e istituzioni era commovente constatare la stima e la dedizione che gli veniva dimostrata dai molti che l’avevano conosciuto. Da parte sua attribuiva sistematicamente gli innegabili successi professionali alla capacità dei collaboratori che aveva avuto.
Altro tema di conversazione a lui caro era il racconto dei viaggi della sua vita, alcuni avventurosi in camper, condito con insegnamenti umani, arguzia e umorismo.
La sua umiltà elegante, frutto di una lunga lotta con un temperamento forte e schivo (si autodefiniva “un orso”), l’ha portato ad accettare con eroica serenità le malattie e con straordinaria mansuetudine gli aiuti che gli erano necessari nell’ultimo periodo della sua vita terrena.
Grazie Ginolo per il luminoso esempio che ci hai lasciato!
Ho conosciuto Ginolo all’Associazione Industriali di Firenze quando, quale Presidente della Piccola Industria, ero uno dei suoi vicepresidenti. Uomo intelligente, saggio, umano, schivo delle apparizioni che non fossero assolutamente necessarie. Abbiamo lavorato insieme per 4 anni ed in quel periodo ho appreso molto da Lui sia sia sotto il profilo istituzionale e sociale ma, molto di più, per quello umano. Dopo che avevamo lasciato l’Associazione abbiamo continuato a vederci regolarmente. Ci incontravamo settimanalmente per pranzo ai 4 Gigli. Parlavamo dei nostri reciproci problemi, delle famiglie, degli acciacchi dovuti alla vecchiaia. Poi finivamo per concludere che l’alternativa sarebbe stata peggiore. Quando non guidava più andavo a prenderlo a Sesto, alla fine della Santa Messa a Colonnata e lo portavo a casa mia a Montecatini dove trascorrevamo con mia moglie la giornata. Sappi caro Ginolo che Loretta ed io ti ricordiamo sempre con grande affetto e sappiamo che tu fai altrettanto da lassù. Un abbraccione. Ciao Ginolo