Articoli

La forza della concretezza cristiana

(di Giancarlo Polenghi)

Il nuovo libro di Giaccardi e Magatti (La scommessa cattolica, Il Mulino 2019) è un tentativo di risposta a questa domanda: C’è ancora un nesso tra il destino delle nostre società e le vicende del cristianesimo?

Gli autori, che sono marito e moglie, hanno cinque figli, e insegnano sociologia all’Università Cattolica di Milano, sono stati tra i relatori di spicco al quinto decennale convegno della Chiesa italiana.  La loro “popolarità” tra la gerarchia ecclesiastica è legata alla competenza di studiosi non meno che alla visione cristiana della vita che emerge dal loro pensiero e dalla loro vita. Si potrebbe dire che la riflessione sulla modernità e il cristianesimo che gli autori svolgono è qualcosa che li appassiona, una sorta di tema a cui hanno dedicato la vita (e diversi libri tra i quali importante quello dedicato alla generatività – Generativi di tutto il mondo unitevi, Feltrinelli 2014).

La risposta alla domanda è pertanto affermativa: il cristianesimo ha molto da dire alle nostre società, anche in Italia e in Europa, dove parrebbe che la pratica cristiana stia diventando sempre più marginale. I motivi di questa possibile rilevanza (la scommessa cattolica) vengono presentati attraverso un’analisi del “crocevia storico” che stiamo attraversando. I problemi nei quali siamo immersi sono legati all’astrazione del pensiero, alla frammentazione, all’individualismo, alla competizione esasperata, alla ricerca di perfezione che genera scarti. È evidente che i due sociologi, pur svolgendo in modo originale le loro argomentazioni, sono in linea con l’approccio di Papa Francesco e di papa Benedetto (che loro vedono in linea di continuità, in cui il primo agisce vitalmente a seguito dell’analisi intellettuale del secondo). Si potrebbe anche dire che Giaccardi e Magatti hanno fatto proprio e “testato” l’approccio dei due pontefici attraverso i loro studi e riflessioni di taglio sociologico e di analisi dei processi culturali.

Tra gli autori più spesso citati nel saggio ci sono, non a caso, il Romano Guardini dell’Opposizione polare e il gesuita Michael de Certeau (entrambi richiamati anche da Massimo Borghesi come pensatori cari a Bergoglio).

Il punto di vista degli autori è comunque europeo, italiano, e non manca di segnalare i nodi più attuali del dibattito culturale, dal transumanesimo alle questioni legate al potere tecno-economico che tanto influisce sulla vita dell’occidente.

Il libro è senz’altro interessante perché formula alcune ipotesi su come si dovrebbe parlare di Dio oggi (per citare il titolo di un’opera di Frabrice Hadjadj), mettendo a fuoco i rapidi e radicali cambiamenti in cui siamo immersi.

Una delle idee chiave è che il cristianesimo è essenziale, ancor più oggi, per la sua capacità di essere una strada di concretezza, di attenzione al singolo e al reale. Non mancano richiami forti alla relazione, al rapporto con l’Altro nei gradi diversi di alterità, da Dio allo straniero, dal non cattolico al non cristiano, dal maschile al femminile.

Gli autori sono convinti che il cristianesimo saprà servire la società attuale soprattutto se troverà un’unità armonica che vada al di là delle tesi semplificate di tradizionalisti e progressisti. L’opposizione polare, ovvero la giusta tensione, tra visioni che paiono autoescludenti, sono infatti la condizione per mantenere la vita, e con essa la forza e l’armonia del messaggio evangelico, paradossale, stimolante, – per dirla con papa Francesco – eternamente fonte di gioia.

Chiara Giaccardi e Mauro Magatti

La scommessa cattolica

Il Mulino, 2019

Il fascino senza tempo della retorica

(di Giancarlo polenghi)

A tutti piacerebbe essere convincenti. Saper ottenere dagli altri quello che desideriamo, semplicemente dicendoglielo. Avere il potere di essere creduti, ancor più, di essere ritenuti saggi e giusti, capaci di infiammare gli animi o di tranquillizzarli, a seconda dei casi. Saper ispirare il prossimo, magari cominciando dai nostri cari, per passare poi ai colleghi e al mondo intero.

Come si fa a convincere gli altri?

Su questo tema, da sempre, si sono versati fiumi di inchiostro. Aristotele e Cicerone, per citare due famosi autori del passato, ma anche più recentemente gli studi della psicologia, della sociologia, della psicolinguistica, la disciplina della pragmatica, e della programmazione neurolinguistica (di gran moda tra i venditori), si sono occupati proprio di questo.

Il libro di cui ora consigliamo la lettura (Alberto Gil, L’arte di convincere, Edusc 2016) ha un’impostazione classica, lineare e ordinata, che non si limita a riproporre la dottrina degli antichi perché la sviluppa e l’approfondisce alla luce degli studi moderni soprattutto basati sul personalismo cristiano e sull’etica. L’idea di fondo è che la retorica, quella vera, è un’arte al servizio dell’uomo e della verità, molto diversa – antitetica – rispetto alla manipolazione che è in realtà una corruzione della retorica o un’antiretorica. Ciò che il testo offre è una potente sintesi, accessibile anche ai non specialisti, e dotata di una profondità rara in questo tipo di pubblicazioni. L’autore, che ha una formazione germanica come si evince dalla bibliografia (tra i più citati ci sono Romano Guardini e Joseph Piper), è abituato a insegnare la retorica, con retorica, ossia dimostrando il suo metodo mentre ne fa uso. Per Gil la retorica potrebbe essere rapprentata da un triangolo, ai cui vertici abbiamo il Logos (capacità argomentativa), il Pathos (la capacità di farsi ascoltare e di andare al cuore) e l’Ethos (la credibilità e l’autorevolezza che muove gli ascoltatori). Fin qui nulla di nuovo, ma all’interno del triangolo, come una potenza sorgiva da cui tutto dovrebbe scaturire, c’è ciò che lui chiama “l’orientamento al Tu”, ossia la capacità di ascolto e di dialogo nei confronti degli interlocutori. È qui che si vede la matrice cristiana del personalismo. L’orientamento al Tu obbliga il retore a rispettare l’interlocutore, a considerarlo soggetto, a lasciargli spazio perché possa giungere alle conclusioni. Per questo – sostiene sempre Gil – la virtù essenziale del retore è l’umiltà. Un’umiltà che implica prima di tutto il rispetto della realtà (a cui il pensiero deve volgersi “per comprendere” senza manipolarla ideologicamente), ma anche il rispetto dell’interlocutore, che è sempre dotato di sentimenti e di convinzioni. Insomma una lettura stimolante, non solo per avvocati o politici, ma per tutti coloro che a diverso titolo debbano parlare agli altri di qualsiasi tema o argomento.

Alberto Gil

L’arte di convincere

Edusc 2016 (disponibile anche in formato ebook)