di Giancarlo Polenghi

 

La prima impressione è di leggere qualcosa di innovativo e rivoluzionario che, senza tagliare con la tradizione cattolica più autentica, presenta un cammino spirituale, quello dell’Opus Dei, in modo semplice e profondo, deciso ed esigente ma al contempo pieno di comprensione e di calore per le persone e le loro fragilità.

La raccolta di lettere che il fondatore dell’Opus Dei scrisse per i suoi figli (Josemaria Escrivà de Balaguer, Cartas (Vol. I) Edizioni Rialp, Madrid, 2020) offre, per il momento in lingua spagnola – ma si sta approntando la traduzione italiana –, le prime quattro lettere pastorali, lettere fondazionali in cui il Padre spiega l’Opera, la vocazione, i tratti fondamentali di una fisionomia spirituale tanto specifica quanto universale.

Sono le prime di una serie di una quarantina che san Josemaria scrisse durante la sua vita, che inviò alle persone dell’Opera a partire dagli anni Sessanta, ma che ad un certo punto, per suo volere, furono ritirate, perché – come lui stesso scrisse – “Le lettere possono aspettare … perché non abbiamo bisogno di questi documenti, almeno immediatamente, perché tutto il positivo già lo vivete e lo vivete bene”.

Dopo la beatificazione di Escrivà (nel 1992) don Alvaro del Portillo aveva annunciato che sarebbero state pubblicate presto, ma il progetto vede la luce solo ora.

La prima lettera è datata 1930, anche se nel corso degli anni avrebbe avuto aggiunte e correzioni e verrà poi inviata alle persone dell’Opera nel 1966. Si tratta di una lettera sulla chiamata alla santità e all’apostolato nella vita ordinaria. Si potrebbe definire una sorta di manifesto dell’Opera scritto dal fondatore per trasmetterlo proprio ai suoi figli. Una lettera vibrante, in cui si sente la voce e l’incedere di Escrivà, con la sua fede e la sua umanità ricca e aperta.  Nelle prime righe si definisce la vocazione all’Opera una manifestazione della misericordia di Dio verso coloro che ha chiamato, ma anche verso il mondo, ossia verso tutti coloro che in contatto con loro potranno avvicinarsi a Dio. Dopo l’insistenza di Papa Francesco sulla misericordia, le parole di Escrivà, all’inizio della sua prima lettera, assumono un sapore unico e particolare.

La seconda lettera è dedicata al tema dell’umiltà, come fondamento della vita spirituale. Umiltà personale e collettiva. È una lettera lunga, esigente, che dimostra conoscenza delle anime e delle loro lotte. Molti gli esempi e i suggerimenti di carattere anche pratico per crescere in questa virtù essenziale al cristiano.

La terza lettera è sulla missione soprannaturale e apostolica dell’Opus Dei in mezzo al mondo (elaborata nel 1932 e inviata nel 1966). L’ultima è dedicata al modo di annunciare la dottrina cristiana attraverso l’apostolato personale (datata 1933 e inviata nel 1966).

Insomma questo volume è “aria fresca” a pieni polmoni, una lettura molto stimolante e utile anche per chi – come me – conosce la spiritualità dell’Opus Dei da una vita. Sono certo che in molti sapranno sorprendersi per la forza e l’incisività degli insegnamenti, per la concatenazione delle immagini, per la formula narrativa, che mette sempre insieme l’esigenza dell’impegno e della volontà (inscindibili dalla libertà) con il ricorso fiducioso alla grazia soprannaturale. L’apparato critico con cui il testo si presenta è utile ma anche discreto, lasciando al lettore la possibilità di un rapporto più diretto con l’autore e il suo pensiero.

Josemaria Escrivà de Balaguer

Cartas (Vol. I)

Edizioni Rialp, Madrid, 2020.

Disponibile anche in ebook.