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Le lettere per capire l’Opus Dei

di Giancarlo Polenghi   La prima impressione è di leggere qualcosa di innovativo e rivoluzionario che, senza tagliare con la tradizione cattolica più autentica, presenta un cammino spirituale, quello dell’Opus Dei, in modo semplice e profondo, deciso ed esigente ma al contempo pieno di comprensione e di calore per le persone e le loro fragilità. […]

Cammin facendo

di Giancarlo Polenghi

Come tutti, per decreto, sono a casa, nel giorno di sabato 14 marzo 2020. E mettermi a scrivere una recensione, in queste circostanze, è per me ragione di distensione. Mi piace scrivere, e la leggera tensione causata dallo schermo bianco del computer è compensata dalla voglia di condividere qualcosa. Anche ora che non ho l’urgenza di parlare di una “nuova” scoperta di lettura.

Infatti, a differenza del solito, invece di parlare di una recente scoperta, questa volta scelgo un libro che ho letto per la prima volta 45 anni fa, precisamente il 28 marzo del 1975.

Mi ricordo con precisione la data perché in quel giorno cadeva il venerdì santo. Avevo da poco compiuto 15 anni e, approfittando delle vacanze di Pasqua, ero andato con altri due ragazzi di poco più grandi me a fare una gita in campagna. Siamo andati in treno, partendo la mattina presto dalla stazione Centrale di Milano e cambiando forse ad Arona o a Novara (non ricordo bene). Alla fine forse abbiamo preso addirittura un autobus, poi a piedi fino a ritrovarci in campagna in un posto collinare e abbastanza selvaggio, accanto a un cascinale perlopiù diroccato che formava un quadrilatero. Arrivati lì, ci siamo seduti sul prato a consumare i nostri panini sotto un sole primaverile che metteva di buon umore. Appena finita la colazione siamo scesi da un alto della collina fino ad un ruscello e allora, seduti sulle pietre vicine all’acqua che gorgogliava, al fresco dell’ombra, ho fatto la conoscenza di Cammino, il libro più famoso di San Josemaria Escrivà. Una conoscenza a dire il vero minima, perché nei 15 minuti che abbiamo passato lì saranno stati letti un decina di punti del libro, quasi tutti dal capitolo orazione e alcuni dal capitolo carattere. Ma quei punti erano bastati per suscitare la mia curiosità, tant’è che chiesi in prestito il libro nel viaggio di ritorno e prima di addormentarmi, in camera mia, mi immersi nella lettura fino a finire il libro. Per chi non conosce questa raccolta di pensieri spirituali, il libro è fatto di brevi frasi raccolte in capitoli tematici intorno ai temi della vita spirituale cristiana e delle virtù umane. Un libro giovane, non solo perché lo lessi da giovane, ma ancor più perché l’autore lo scrisse da giovane per dei giovani.

Successivamente Cammino l’ho letto e riletto molte volte. Per me è un po’ come un ritorno alle origini.

Un libro che si legge molte volte ti scava dentro, e fa bene, come fanno bene i punti fermi, quando tutto sembra che si muova. Un punto fermo dunque, ma anche libro per camminare, utile pure ora – nei tempi del coronavirus – in cui ci viene chiesto di stare fermi, a casa.

San Josemaria Escrivà del Balaguer

Cammino

Spagna. Madrid, 1932 (1° edizione)

Papa Francesco e San Josemaria, missione comune.

di  Giancarlo Polenghi

Papa Francesco ha uno stile comunicativo semplice e immediato. E il suo modo di porgere il mistero cristiano può spiazzare. Angelo Scola una volta ha dichiarato che papa Francesco è come un salutare pugno nello stomaco, facendo riferimento ai temi reiterati e ai richiami diretti, soprattutto verso gli “uomini di chiesa”.

Ci sono parole che a papa Francesco non piacciono, per esempio proselitismo, e altre che piacciono molto, come attrazione, o che lui stesso ha confezionato, come chiesa in uscita o ospedale da campo. Certamente per chi voglia comprendere meglio il magistero dell’attuale pontefice il documento da leggere e rileggere è la Evangelii Gaudium. Ma specificamente sul tema della missione della Chiesa è uscito di recente un libro intervista breve e prezioso, che contribuisce a sciogliere eventuali incomprensioni. Si intitola Senza di lui non possiamo fare nulla, essere missionari oggi nel mondo (una conversazione di Papa Francesco con Gianni Valente), Libreria Editrice Vaticana, 2019, 10 euro.

 Un libro che si legge in meno di un paio d’ore e che mette in luce benissimo il pensiero di papa Francesco. Per lui il proselitismo (termine che san Josemaria usava in un’altra accezione) è un’attività troppo umana perché in essa si mescola il messaggio evangelico con la strategia di persuasione, con l’attivismo, con la voglia di convincere. Si tratta di un male antico che la chiesa (o parte di essa) ha patito e patisce. Il problema non è tanto quello di utilizzare o meno ricorsi retorici, tecniche di comunicazione, ma piuttosto il movente che sta alla base di tutto e dal quale dipende anche la forma, quel semplice “dare ragione” agli altri della propria speranza, soprattutto con l’esempio, di cui parla la lettera di San Pietro apostolo. La premessa da cui parte papa Francesco è “senza di lui non possiamo fare nulla”, perché è Cristo che agisce, che converte, che avvicina, che attira. Addirittura Cristo stesso afferma che Lui, senza il Padre, non potrebbe fare nulla. È lo Spirito Santo che provoca conversioni, che chiama e vivifica. Queste sono verità profonde che tutti i santi hanno percepito, e che dovremmo sempre ricordare e vivere, ma che si tende a dare per scontate. Ecco perché allora il verbo da usare è attrarre, e chi attrae è Cristo.

San Josemaria Escrivà la pensava allo stesso modo di papa Francesco quando paragonava l’eucarestia (o il tabernacolo) alla calamita che attira e da cui farsi attrarre, o quando diceva che l’apostolato è il traboccare della vita interiore, ossia del rapporto con Cristo, che con naturalezza – senza affettazione – è presente in qualunque cosa si faccia e che altri possono percepire. Papa Francesco nell’intervista richiama anche il passo del vangelo di Giovanni: “quando sarò innalzato da terra attrarrò tutto a me” parlando della croce e della forza attrattiva, potente e paradossale di Cristo. E questa stessa frase del vangelo era particolarmente cara a san Josemaria, che l’aveva sentita risuonare forte dentro di sé. Altro punto di totale sintonia tra i due è che per avvertire l’urgenza della missione basta il battesimo, non ci vogliono particolari mandati della gerarchia. Papa Francesco dice chiaramente che l’espressione “laici impegnati” non lo convince, proprio come pensava san Josemaria. E ancora “prima l’incontro, poi le parole” ossia la necessità per l’apostolo moderno di stare assieme ai suoi colleghi e vicini, ai suoi amici, lo stare, la relazione, che precede il parlare, un parlare che diventa confidenza intima tra persone che si vogliono bene. Infine gli ultimi due capitoli del libro intervista si intitolano “da persona a persona” e “no ai neocolonialismo clericali”, concetti che, ancora una volta, mettono papa Francesco e san Josemaria Escrivà sulla stessa barca, e, mi pare proprio, con la stessa sensibilità e franchezza.

 

Papa Francesco

Senza di lui non possiamo fare nulla.

Essere missionari oggi nel mondo (una conversazione con Gianni Valente)

Libreria Editrice Vaticana, 2019, 10 euro.

Ecco perché maggio è il mese di Maria

Maggio è tradizionalmente il mese dedicato alla Madonna. Dal Medio Evo a oggi, dalle statue incoronate di fiori al magistero dei Papi, l’origine e le forme di una devozione popolare molto sentita