Auguri di Buon Natale!

Nuovo calendario dei ritiri mensili

E’ disponibile il nuovo calendario dei ritiri mensili in programma nel 2019 fino all’estate.

Per consultarlo cliccare su questo link: https://wp.me/p9Jgxc-yh

Angelo Scola si racconta

(di Giancarlo Polenghi)

Il libro “Ho scommesso sulla Libertà” (Angelo Scola con Luigi Geninazzi, Solferino 2018) si legge come un romanzo, o meglio, come un interessante racconto in cui le vicende personali e intime di un protagonista si intersecano con la Storia degli ultimi settant’anni nella Chiesa e nel nostro paese. Il cardinal Angelo Scola, noto ai più come vescovo di Grosseto, patriarca di Venezia e, fino ad un paio di anni fa, arcivescovo di Milano, è soprattutto un uomo che vive con impegno, e in prima persona, l’incontro con Cristo nell’oggi contemporaneo che gli è dato di vivere. Un sacerdote riflessivo e colto con molta voglia di incidere nella realtà: docente di antrolopologia e di morale, ha diretto la pontificia università Lateranense e l’istituto Giovanni Paolo II per la famiglia e, mentre era a Venezia, ha dato vita alla Fondazione Marcianum, un ambizioso e innovativo progetto educativo.  La forma di intervista con cui si presenta il libro, nel suo apparente movimento rapsodico, è ideale per schizzare un affresco dei nostri tempi, con i suoi problemi e le relative sfide. Attraverso l’esperienza di chi ha conosciuto e lavorato con monsignor Giussani fin dal 1965, divenendo uno dei principali dirigenti di CL e che con Balthasar, Ratzinger e De Lubac è all’origine dell’edizione italiana della rivista “Communio”, si conoscono aspetti inediti della nostra storia. Non mancano poi le riflessioni sui pontefici con cui pure ha avuto occasione di avere un personale e profondo rapporto, da Giovanni Paolo II che lo ha fatto vescovo, a Benedetto XVI, per finire con papa Francesco che definisce come “un salutare colpo allo stomaco per le Chiese d’Europa”. I ricordi e gli incontri si alternano a vicende personali, come quelle di una malattia a lungo non diagnosticata correttamente, o al percorso psicoanalitico in ambito Lacaniano. Non mancano inoltre le grandi questioni di sempre, dalla libertà, che comparendo anche nel titolo è un tema prediletto, a quello del male patito dagli innocenti, alla morte e al fine vita, al pensiero teologico e all’esigenza di passare da un impianto neoscolastico ad un approccio che, in linea con i recenti pontefici, dia più spazio ad una filosofia che parte dall’esperienza. Si affrontano anche i temi più dibattuti oggi: le questioni di morale matrimoniale sollevate dall’Amoris Laetitiae, gli scandali sessuali nella Chiesa, il rapporto con l’Islam, i grandi cambiamenti nella politica, e, soprattutto, il modo di promuovere la fede quando tutto sembra essere differente.  Sullo sfondo, e insieme in primissimo piano, c’è la Chiesa e il mondo che la stimola.

 

Angelo Scola (con Luigi Geninazzi). Ho scommesso sulla Libertà

Solferino, 2018. 300 pagine. 18 euro

Rimettere insieme i pezzi

(di Giancarlo Polenghi)

Il primo romanzo di Riccardo Bigi (L’altra metà della Medaglia, ed. LEF) è una boccata d’aria. Ambientato nella Firenze di oggi, quasi come in un “giallo”, fa incursione nel passato della città, mettendo a fuoco una storia minore ma certamente dotata della grandezza dell’umanità e della carità cristiana. La protagonista, Giovanna, è una giovane studentessa universitaria di scienze sociali, una ragazza come tante, sensibile e indifesa, che per soffrire meno si rende sempre più cinica e distaccata. Il suo incontro prima con Alessandro, coetaneo, ex scout e volontario della Misericordia,  e dopo con Clelia, un’anziana frequentatrice della mensa dei poveri della Caritas in piazza Santissima Annunziata, è l’inizio di una grande avventura del quotidiano. La storia, raccontata in prima persona con l’alternanza della voce dei tre personaggi principali, tocca tanti temi di attualità: le nuove povertà e la solitudine degli anziani, il lavoro che per i giovani non c’è, la fragilità e la frammentazione, il disincanto. Chi ama e conosce Firenze si trova a casa tra le pagine del libro, come sospese tra la contemporanea fiumana di turisti e il fascino antico di istituzioni come lo Spedale degli Innocenti o la Misericordia. Il passato e il presente si incontrano e si parlano nell’oggi. Gli ingredienti del romanzo fanno sì che una sua catalogazione sia impossibile. C’è il lato sentimentale, quello della “ricerca storica”, relativa appunto all’altra metà della medaglia, la ricostruzione di luoghi e modi di essere di oggi e di ieri, le questioni più profonde sui significati del vivere, del bene e del male, della felicità. Il libro si legge con facilità, d’un fiato ed a tratti commuove. Una volta finito, lascia nel lettore una piacevole sensazione di apertura. Questa è, a mio avviso, la principale qualità del romanzo e il motivo per cui vale la pena di leggerlo.

Riccardo Bigi. L’altra metà della Medaglia.

Libreria editrice Fiorentina. 224 pagine. 12 euro.

Geopolitica delle crisi e cooperazione universitaria alla pace. Firenze, 28.11.2018

Gli amici dell’Associazione AESI (Associazione Europea di Studi Internazionali) organizza per il prossimo 28 Novembre 2018 l’incontro dal titolo:

GEOPOLITICA DELLE CRISI E COOPERAZIONE UNIVERSITARIA ALLA PACE: VERSO UNA NUOVA POLITICA ESTERA DELL’UNIONE EUROPEA

presso il POLO DELLE SCIENZE SOCIALI – AULA D15 004 (Aula delle Tesi) – Via delle Pandette, 32 ore 14.30

Per informazioni, scaricare il programma (CLICCA qui).

“Opzione Benedetto”, ricetta americana.

(di Giancarlo Polenghi)

Il fatto che di questo libro si sia molto parlato negli Stati Uniti è di per sé un primo motivo di interesse. Gli Stati Uniti, nel bene e nel male, sono un paese che con le sue scelte, i suoi comportamenti, hanno una certa influenza non solo nel mondo Occidentale, ma anche nel mondo tout-court. Il volume si presenta come una strategia per i cristiani tradizionalisti e conservatori di mantenere una qualche capacità di incidere nella società, o almeno di non scomparire, in un mondo che si allontana sempre più dai valori del cristianesimo. Evidentemente i cristiani conservatori (che per l’autore sono principalmente ritracciabili tra le comunità in cui egli stesso è transitato, ossia gli Evangelici, i Cattolici tradizionalisti e gli Ortodossi) sono una minoranza della popolazione, eppure il libro è stato per lungo tempo in vetta alle classifiche dei libri più venduti negli Stati Uniti. Questo è un primo paradosso: un libro di successo che va contro le idee dominanti del potere. Un secondo motivo di interesse, da un punto di vista europeo e cattolico, è il fatto che i cattolici tradizionalisti americani non nascondono di fare una certa fatica ad entrare in sintonia con il magistero di Papa Francesco e infatti anche da noi la promozione di questo volume è stata portata avanti da riviste come La Nuova Bussola Quotidiana o Il Timone, che sono in linea di continuità con i conservatori d’oltre oceano. A mio parere il libro, pur nascendo da una sensibilità più incline al “fortino” che alla “chiesa in uscita” di Papa Francesco, è meno lontano di quanto possa apparire dal magistero attuale.

In che cosa consiste l’opzione Benedetto? Prima di tutto c’è un’analisi della situazione dal punto di vista delle idee di fondo che animano la nostra società, il riconoscimento che il cristianesimo ha vita sempre più difficile, e a partire da questa evidenza c’è una proposta spirituale, di vita, che possa opporsi alla crescente secolarizzazione.

Papa Francesco da tempo parla di un cambiamento d’epoca, Rod Dreher parla addirittura di un diluvio universale. Con accenti diversi entrambi riconoscono che ci troviamo davanti ad un mondo che non è più quello di prima. Per l’autore statunitense le radici della crisi sono da ricercare nell’individualismo e nella frammentazione. Un fenomeno che negli Stati Uniti è stato favorito dal soggettivismo del pensiero liberale in ambito morale e dal consumismo individualista promosso dai conservatori, sul piano economico e di mercato. In altri termini, dice Dreher, gli Stati Uniti sono nella condizione in cui sono, ossia sempre più ostile al pensiero cristiano, a causa di correnti di pensiero che paiono avverse ma che in realtà conducono a uno stesso punto. L’individualismo che avrebbe raggiunto il suo culmine ora ha le sue radici profonde nel Rinascimento e nella Riforma Protestante, nell’Illuminismo e nel successivo Romanticismo, nella rivoluzione industriale ed infine nel ’68 con la sua rivoluzione sessuale. Per Dreher, dal XIV al XXI secolo, l’Occidente ha sviluppato un pensiero che si è progressivamente allontanato dalle sue origini evangeliche. Con accenti in parte differenti, dice qualcosa di simile anche Marko Ivan Rupnik, teologo e artista gesuita, che – molto unito al magistero di Francesco – propone con forza l’esigenza di una conversione mettendo al centro lo Spirito e la relazione.

Se sulla diagnosi c’è concordanza, anche sulle strategie, a ben guardare, ci sono elementi comuni con chi non si riconosce necessariamente tra le file dei tradizionalisti. Dreher rilegge e ripropone la regola Benedettina per i laici di oggi, ossia per le famiglie statunitensi a cui si rivolge. I capitoli che parlano della regola, e che quindi sono la parte forte della strategia, indicano nell’ordine: l’ordine, la preghiera, il lavoro, l’ascesi, la stabilità, la comunità, l’ospitalità e l’equilibrio. Ciò che si propone pertanto più che una strategia di tipo politico o organizzativo, è un nuovo orientamento della vita intera mettendo al primo posto Dio (preghiera), e il servizio agli altri, attraverso la costruzione di una comunità (lavoro e relazione con gli altri). L’ascesi e la lotta, come molti altri concetti, sono mediati attraverso la lettura di “Dopo la Virtù” un libro di Alaisdar MacIntyre del 1981, che con il sociologo Charles Taylor, è più volte citato.

Il libro prosegue con riflessioni che riguardano la sfida educativa, la necessità di promuovere ambienti formativi e scuole (anche la home-schooling che negli Stati Uniti cresce) e quella di creare comunità vive, che vivono la fraternità cristiana. Il messaggio di fondo si potrebbe sintetizzare in questo modo: non facciamoci ingannare dalle apparenze, il mondo sta allontanandosi sempre più dal cristianesimo, invece di combatterlo direttamente fuori di noi (impresa inutile e disperata), facciamo crescere dentro il nostro essere cristiani. Siamo e saremo minoranza, prima di tutto rafforziamoci e con coraggio usciamo ad annunciare il vangelo, consapevoli che potremmo anche patire forme di persecuzione. Gli ultimi due capitoli sono dedicati all’eros e alla tecnologia come minacce concrete della vita cristiana, con cui non è possibile non fare i conti.

Il valore di questa lettura è, a mio avviso, il parlare di vita spirituale nel contesto culturale che si vive ogni giorno negli Stati Uniti, ossia quello di un mondo di idee e di modi di vita che sono specifici, diversi dal nostro ma pur sempre simili. Agli occhi di un europeo il libro appare fortemente statunitense, per questo chi abbia una qualche consuetudine con quell’ambiente è maggiormente in grado di percepirne la logica. Ma, fatte le dovute distinzioni, il contributo di Dreher anche alla nostra personale riflessione, penso sia molto positiva e stimolante.

 

Rod Dreher. L’Opzione Benedetto.

Una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano.

Edizioni San Paolo, 2018

Comunione attraverso il conflitto

(di Giancarlo Polenghi)

Il libro di De Certeau, uscito in francese nel 1968, non ha perso nulla della sua attualità. Anzi, si può dire che da quel momento a oggi i conflitti nella nostra società sono aumentati e una profonda riflessione su di essi si è fatta più urgente.

La tesi dell’autore è che il conflitto è parte essenziale del cristianesimo. C’è sempre conflitto, almeno potenziale, quando si ha a che fare con l’alterità. E Dio, per definizione, è Altro rispetto all’uomo. Cristo ha patito sulla croce perché, pur mite e umile di cuore, non ha evitato di “provocare” i farisei e i dottori della legge. Inoltre nello stesso vangelo si legge che Cristo è venuto a portare la spada, la divisione, anche se il rapporto con Gesù conduce all’unione, all’amore, con Dio e con i fratelli: come Gesù è unito al Padre, così anche voi siete in me, come io sono in voi e tra voi.

Il conflitto e l’unione sono allora, secondo l’autore, due realtà che misteriosamente convivono. Dovremmo riconoscere quindi che la relazione con Dio implica lo sforzo di stare in una dinamica che comprendendo l’Altro, il diverso da noi, l’estraneo, lo straniero, ci espone al conflitto, con Dio, con noi stessi e con gli altri. Dio ci supera e ci sorprende, perché non può stare nei nostri schemi logici e mentali e pertanto l’esperienza spirituale include anche il conflitto, come ben ci racconta la storia di Giacobbe che lotta, corpo a corpo, contro l’angelo di Dio.

Ecco il paradosso della “comunione attraverso il conflitto”, ossia la capacità di saper fare spazio all’Altro anche quando ci porta dove non vorremmo. Soffrire la divisione mentre si cerca, con fede e speranza, la comunione. Patire la croce come cammino necessario per la resurrezione.

“Mai senza l’altro” può diventare allora una sorta di cristiano mantra positivo, da ripetere nei momenti difficili, e nei conflitti più dolorosi.

Accettare il conflitto (tra uomo e donna, tra generazioni, tra fratelli) diventa una parte importante della vita cristiana perché attraverso di esso è possibile entrare in comunione con Dio e con il prossimo. Il segreto è saperlo accettare e vivere, come Cristo insegna, per quello che è. Il problema non è tanto il conflitto vissuto con carità e rispetto quanto l’indifferenza verso l’altro, o la confusione in cui le identità si perdono. Perché ci sia unione vera, e quindi libera, le differenze vanno accolte: ciò implica personalità forti, e allora, come su due solidi piloni, si può costruire un ponte che permette di attraversare il fiume e di superare gli ostacoli. Più una relazione è profonda, più c’è unione, e più c’è solitudine, o se preferiamo consapevolezza dell’incomunicabilità, della differenza. Il desiderio di unione è alimentato (o sfidato) dalla realtà sperimentata dell’incomprensione. Si tratta di accettare un cammino di gioia e dolore insieme.

La morte, afferma de Certau, è l’estrema conseguenza del conflitto. Una conseguenza che il cristiano accetta perché è solo attraverso di essa che si può giungere alla resurrezione. Morire a sé stessi. La qual cosa non si traduce nel cedere sulla verità, sulla giustizia, e soprattutto sulla carità, che contiene sia la verità che la giustizia ad un livello più alto e radicale. Bisogna accettare la morte dell’Ego vissuta fino alla fine, senza cancellare l’Ego, ossia, in definitiva, senza paura della sofferenza e della croce, del patimento. Perché si teme il conflitto? Talvolta per un fastidio formale nei confronti della disarmonia (non sta bene discutere), più frequentemente per paura della sofferenza che da esso nasce (per paura di ferirsi e ferire), o per scongiurare la solitudine e l’abbandono che potrebbero derivare dallo scontro. Ma in molti casi evitare il conflitto vuol dire evitare la relazione vera. Per paura del danno possibile ci si rende indifferenti. I rapporti si trasformano così in qualcosa di falso, di circostanziale, senza essere più capaci di guardarsi negli occhi. E se ci si guarda, si recita una parte, malamente, per il breve tempo delle interazioni non evitabili.

Il paradosso è quindi che per essere operatori di pace bisogna essere disposti a patire e ad esercitare violenza. Essere diversi, non uniformi, è cristiano. Perché il cristiano è sale e lievito destinato alla massa. Per definizione il cristiano realizza la sua missione nel rapporto con il diverso da sé, ma senza perdere il suo sapore, altrimenti non servirebbe a nulla. Così è cristiano cercare l’altro, sempre. Senza stancarsi. Perché senza l’altro non c’è Cristo. Questo significa, tra l’altro che una Chiesa che si rinchiudesse in sé stessa, non sarebbe la Chiesa di Cristo. Essere in uscita come Chiesa implica sia un dentro che un fuori, dove i due luoghi hanno senso proprio nella loro relazione reciproca. E così siamo passati dall’alterità di Dio all’alterità del fratello. E anche qui le relazioni sono biunivoche e necessarie.

Il Padre è diverso dal Figlio, eppure sono uniti, e la loro unione è lo Spirito dell’uno e dell’altro, il Paraclito, che Gesù ha inviato e che non ci abbandona mai. È sempre la Trinità il modello della vita cristiana. Non si tratta allora solo di lotta interiore, con se stessi, che pure è essenziale: c’è anche la differenza – la lotta – anche con il fratello, con la moglie, con il figlio, con l’amico, con il collega, che ha senso e dà senso. Una lotta piena di carità e rispetto, senza giudicare l’altro, ma senza sconti e facili mediazioni. Vivere in questo modo aiuta a crescere poiché stimola l’umiltà e la pazienza, consapevoli che la libertà è la base della relazione e che la verità tutta intera la possiede solo Dio. Noi non siamo Dio, ma cercando Dio, incontriamo il conflitto, che ci aiuta a trovarLo, e con il discernimento, cambiando o resistendo, continuiamo a cercare, sostenuti dalla Spirito.

Il conflitto va allora compreso, senza paura, specialmente all’interno della Chiesa, dove – come dice la lettera agli Ebrei nel capitolo 11 – bisogna saper coniugare la parresia (la franchezza) con l’hupomone (la capacità di essere pazienti e sottomessi).

In un tempo come il nostro, di individualismo esasperato e di frammentazione, è necessario trovare la saggezza divina per saper convertire in unione anche ciò che parrebbe solo divisione. Come è possibile fare ciò? Dal punto di vista puramente umano il paradosso è insuperabile, ma con la grazia di Dio tutto è possibile, anche trasformare il male in bene. I sacramenti, portandoci la vita di Cristo e lo Spirito Santo, costruiscono la Chiesa e la comunione, senza toglierci la sofferenza e la differenza nel conflitto. E con comunione e conflitto insieme si edificano allora le famiglie, i luoghi di lavoro e di vita quotidiana, che manifestano lo splendore della gloria di Dio.

Questo piccolo libro di Michael de Certau (autore anche di “Lo straniero o l’unione nella differenza”) penso sia utile a tutti coloro, e sono tanti, soffrono il conflitto. Perché capire che esso ha un senso e un significato, e ancor più, che è perfino una manifestazione della volontà  di Dio e della strada che a Lui conduce, può essere un’epifania sorprendente.

Michel de Certeau. Mai senza l’altro.

Edizioni Qiqajon, 1993. 176 p.